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DESIGN 2013/14 n 1 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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martedì 1 aprile 2014

GIOCARE È UNA COSA SERIA!

ho più volte sollecitato post attinenti ai temi trattati ed agli autori in bibliografia e soprattutto ho concluso nella lezione 11 del 19 III i termini con soggetto Bruno Munari, quindi l'accenno alla gommapiuma e a Pirelli in una frase di BM non è sufficiente per una valutazione. Il post resta pubblicato e le immagini caricate sul profilo/Graduatoria.
Bruno Munari: i bambini, l'industria ed i nuovi materiali
1. Bruno Munari | foto Albe Steiner | 1941
“Ognuno conosce un Munari diverso”, recita la riga finale di una sua giocosa autobiografia.1 Figura tra le più interessanti nel panorama culturale del secolo scorso, Bruno Munari (24 ottobre 1907 - 30 settembre 1998) ha attraversato un'epoca complessa con leggerezza ed apparente semplicità, lasciando un segno indelebile nell'ambito del design. Spaziando senza soluzione di continuità tra le discipline - dall'arte alla grafica, dal design all'architettura, dalla didattica alla comunicazione - che per lui costituivano solo momenti diversi di un'unica attività progettuale, l'eclettico artista-designer milanese ha introdotto nella cultura del progetto idee fuori dagli schemi, di assoluta avanguardia e tuttora attuali.
Inventore, artista, scrittore, designer, architetto, grafico, gioca con i bambini.” Così Munari si presenta in occasione della sua mostra a Cantù nel 1995, evidenziando l’importanza del gioco, dell’azione insieme ai bambini. Perché tanto interesse per il mondo dell’infanzia? Rispondo con le sue parole: Non potendo cambiare gli adulti, ho scelto di lavorare sui bambini perché ne crescano di migliori. È una strategia rivoluzionaria quella di lavorare sui e con i bambini come futuri uomini”.
Beba RESTELLI, Giocare con tatto, Per una educazione plurisensoriale secondo il metodo Bruno Munari®, ediz. Franco Angeli, Milano, 2007, 1a ediz., pag. 29
La citazione tratta dal testo della Rastelli, sua storica collaboratrice, risulta interessante non solo perché riporta le parole con cui Munari definisce se stesso ed il suo lavoro, ma anche perché evidenzia come egli ritenesse l’attività per i bambini - da suddividersi in giochi didattici e laboratori - un progetto tra i più importanti della sua vita.
"La progettazione di un gioco o di un giocattolo per bambini può essere affrontata in diversi modi: uno di questi modi, il più usato, è quello di progettare una produzione di giochi o di giocattoli basandosi esclusivamente sulle possibilità di assorbimento del mercato, senza preoccuparsi se questi giochi o giocattoli siano veramente utili alla crescita della personalità del bambino. […] Un altro modo di progettare un gioco o un giocattolo è invece quello di considerare di produrre qualcosa che sia utile alla crescita individuale, senza naturalmente dimenticare un giusto profitto per l’impresa. [...] Un designer può quindi progettare un gioco o un giocattolo che comunichi al bambino, all’uomo in formazione, il massimo compatibile di informazioni e, nello stesso tempo uno strumento per la formazione di una mente elastica e dinamica; non statica, ripetitiva, fossilizzata. Una progettazione di questo tipo ha bisogno della collaborazione di alcuni esperti di psicologia, pedagogia, didattica, esperti anche di processi produttivi industriali per la produzione del giocattolo o del gioco per trovare il materiale più adatto e la tecnologia più giusta per giungere a un prodotto finito che dia il massimo risultato al minimo costo." Bruno MUNARI, Da cosa nasce cosaediz. Laterza, Bari, 1981, 1a ediz., pag. 240-248
"La conoscenza del mondo, per un bambino, è plurisensorialeE tra tutti i sensi, il tatto è quello maggiormente usato, il tatto completa una sensazione visiva e auditiva, dà altre informazioni utili alla conoscenza di tutto ciò che ci circonda". Bruno MUNARI, (a cura di),  I laboratori tattili, ediz. Zanichelli, Bologna, 1985, 1a ediz., pag. 3
2. Promo "Giocare con l'Arte"
Nel video Promo "Giocare con l'Arte" Bruno Munari - 1990 della collana editoriale omonima (nata a seguito dell’esperienza dei Laboratori allestiti per tre mesi all’interno della Pinacoteca di Brera a Milano con la partecipazione di migliaia di bambini delle scuole elementari), si vede Munari mostrare -  e far toccare ai bambini - una palla da biliardo, una palla da tennis ed un’arancia, per far sentire loro le diverse texture: la forma degli oggetti è sempre sferica ma passa in secondo piano mente il tatto viene evidenziato dai diversi materiali. I bambini scoprono così che la superficie degli oggetti presenta una sua specifica "pelle", cioè una caratterizzazione originale che ne determina "com'è fatta", primo passo per la scoperta del mondo e l'apprendimento. Naturalmente le riflessioni di Munari in merito hanno origini lontane nel tempo.
3. Brevetto gatto Meo Romeo
Negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso il designer comincia una proficua collaborazione con l'industria disegnando tessuti, arredamenti, ceramiche e decorazioni d'interni. Nel dopoguerra, forse stimolato dall'introduzione di nuovi materiali e dalla vivacità dell'economia italiana, Munari sarà sempre più attivo in questo settore, ma senza mai abbandonare le altre linee di ricerca. Nel 1949 nascono per Pigomma (divisione della Pirelli specializzata nella produzione di giocattoli in gomma, gommapiuma o lattice, della quale Munari è direttore artistico) il gatto Meo Romeo, e nel 1953 la scimmietta Zizì: giocattoli in gommapiuma armata, dalle sembianze "sintetiche" e dal corpo morbido al tatto, possono assumere qualsiasi posizione tramite la semplice anima di rame all’interno, mentre la gommapiuma segue le torsioni imposte alle varie parti del corpo; i due piccoli giocattoli possono essere considerati a pieno titolo precursori dei giocattoli interattivi moderni. In particolare, Zizì vincerà l'anno seguente il primo Compasso d'Oro, il più antico ed importante premio di design, nato da un’idea di Gio Pontial fine di mettere in rilievo il valore e la qualità del design italiano; queste le motivazioni: "Normalmente i giocattoli sono delle riduzioni 'veristiche' o infantilizzate di mezzi meccanici, o imitazioni egualmente veristiche, o infantilisticamente ironizzate, di animali o di figure umane. Questo piccolo quadrumane di Munari, edito dalla Pigomma, al quale è attribuito il Premio 'La Rinascente Compasso d'oro 1954', rappresenta invece una interpretazione del carattere del 'personaggio', che ha raggiunta una essenzialità formale, nell'impiego tipico della materia, la gommapiuma articolata da una armatura di filo d'acciaio, che consente il divertimento di una infinità di atteggiamenti. Questo giocattolo appartiene ad una categoria elevata, che l'ha fatto oggetto di un interesse intellettuale." dal web: http://www.adi-design.org/upl/Motivazioni_1954.pdf
4. Articolo sul gatto Meo Romeo
Ecco come lo stesso Munari racconta la "nascita" dei due innovativi giocattoli: "Era nata da poco la gommapiuma con la quale venivano realizzati materassi e imbottiture varie. Un giorno un dirigente della Pirelli mi chiede: – Che cosa si può fare con la gommapiuma oltre che materassi? Mi feci dare alcuni campioni di questo nuovo materiale e cominciai una sperimentazione per capire quali altre cose si potevano progettare in modo che l’oggetto progettato fosse coerente col materiale e con le sue qualità. La qualità più evidente si manifestava attraverso il tatto. Un qualunque pezzo di gommapiuma, manipolato da un bambino, comunica la morbidezza, l’elasticità del materiale che sembra vivo e che, a un bambino, fa venire in mente la stessa sensazione che si prova a tenere in braccio un gattino o un piccolo animaletto. Provai quindi a pensare a dei giocattoli realizzati in gommapiuma e, logicamente mi interessai dell’aspetto tecnologico sul come si fa a costruire oggetti in gommapiuma, come deve essere lo stampo, cosa si può inserire nel materiale per permettere una eventuale manipolazione dell’oggetto e, perfino, se non era possibile anche dare un odore gradevole al giocattolo. Dopo varie prove nacque questo gatto (e successivamente la scimmietta Zizì) che aveva al suo interno uno “scheletro” di filo di rame per poterlo piegare e metterlo in posizioni diverse. I baffi del gatto Meo erano di nailon.” Bruno MUNARI, Codice Ovvioediz. Einaudi, Torino, 1971, 1a ediz., pag. 50


5. Modello digitale della scimmietta Zizì | Gabriele Baldotto

La gommapiuma era stata inventata qualche anno prima dal tedesco Otto Bayer, un industriale chimico tedesco che lavorò per anni alla ricerca di questo materiale, riuscendo ad ottenerne una definizione precisa solo nel 1941; il brevetto per la produzione era stato registrato nel 1937, ma i primi prototipi comparvero nel 1943. Benché le lavorazioni delle materie plastiche fossero note da tempo, si svilupparono in Italia solo nell'immediato dopoguerra, con la ricostruzione dell'industria chimica;  le applicazioni nel settore dell'arredamento, invece, vennero più tardi, verso la fine degli anni Cinquanta. Da un punto di vista strettamente tecnico, invece: "Il poliuretano espanso elastico, comunemente chiamato gommapiuma o gommaspugna, è un materiale spugnoso derivato dalla polimerizzazione del diisocianato di toluene, un derivato del petrolio. Contrariamente a quanto il nome potrebbe suggerire, la gommapiuma non deriva dalla gomma, ma appartiene alla famiglia dei poliuretani, e si ottiene miscelando in opportune proporzioni il diisocianato di toluene (o TDI), polioli, siliconi, catalizzatori, espandenti liquidi ed additivi di varia natura, utilizzati per conferire caratteristiche particolari al prodotto finito (ritardanti di fiamma, leganti, coloranti). La produzione di gommapiuma avviene per stampaggio o per schiumatura, e consiste nella miscelazione dei componenti della miscela, detta “formulato”, e successiva introduzione dello stesso all'interno di uno stampo o di una filiera da cui verrà successivamente estratto o estruso il blocco di gommapiuma. La reazione di polimerizzazione del TDI, che avviene grazie ai catalizzatori, è esotermica e causa la gassificazione degli espandenti liquidi nella miscela, generalmente materiali con basso punto di ebollizione come l'alcol etilico o il pentano, che agiscono come un lievito creando una matrice spugnosa a celle chiuse, aperte o semiaperte. Il gas così formato evapora successivamente alla maturazione della gommapiuma, lasciando una struttura cellulare con una densità che varia, a seconda della rigidità della gommapiuma, dai 20 kg ai 250 kg per metro cubo. La gommapiuma è largamente utilizzata per innumerevoli scopi: come fonoassorbente per la correzione acustica, per imbottiture di materassi, divani, imballaggi, spugne, ed altri. Ha sostituito nel tempo i materiali naturali che si usavano in antichità quali lana, paglia, piuma.” dal web: http://it.wikipedia.org/wiki/Gommapiuma
6. Lezione a Venezia
Nel video Bruno Munari, Venezia 1992, Scimmietta Zizì (un estratto della lezione che il designer tenne all’Università di Venezia nel 1992) Munari spiega come, nel campo del disegno industriale, la creatività si eserciti attraverso la sperimentazione, anche quella dei materiali, portando ad esempio il modo in cui, studiando il processo di produzione della gommapiuma Pirelli, ha progettato Zizì. La discussione con gli studenti fa emergere anche un altro aspetto: il degrado della gommapiuma dovuto allo scorrere del tempo (anche se Munari tiene a precisare che "[...] ci vogliono cinque anni o più per polverizzare [...] se si polverizza non è colpa del progettista ma di chi ha progettato la gommapiuma"). La scimmietta è stata il primo oggetto della collezione del Compasso d'oro sottoposto ad intervento di restauro presso il Centro di conservazione e restauro "La Venaria Reale" di Torino.
7. Zizì restaurata
"Nel panorama nazionale e internazionale, il restauro degli oggetti di design non è ancora una disciplina molto approfondita, in quanto sono ancora in corso studi e ricerche sull’idoneità delle metodologie operative, per ora limitate alla conservazione passiva. Le collezioni di design sono costituite da oggetti molto diversi per il loro vissuto, le tipologie d’uso, i materiali, le tecnologie e dimensioni, che tendenzialmente convivono in uno stesso ambiente ma che possiedono deperibilità differenti nel tempo. Per impostare una corretta opera di conservazione è necessario il lavoro sinergico tra figure professionali distinte (storico, chimico, restauratore e conservatore) che operano nel medesimo ambito. Recuperare una collezione di design significa non esimersi dal considerare la valenza storica, artistica, estetica, funzionale di un oggetto. I dati rilevati confluiscono in una completa documentazione che costituisce un contributo indispensabile per una corretta gestione conservativa e per impostare eventuali interventi di restauro. La diagnostica è necessaria per la caratterizzazione dei materiali, per comprendere i processi di degrado e il comportamento dei materiali nell’ambiente. I problemi relativi alla conservazione si complicano quando si opera sulle materie plastiche. Infatti una medesima plastica, per esempio PE, costituente due oggetti differenti, può manifestare anche segni di degrado distinti.
La scimmietta giocattolo «Zizì» di Bruno Munari (1953), in poliuretano espanso armato, sarà [è stato, la citazione è tratta da un articolo del 2010] uno dei primi pazienti a necessitare di restauro. Il poliuretano degradato è un materiale soggetto a polverizzazione. Per conservarlo bisognerà operare un consolidamento, accertandosi che il prodotto consolidante non alteri l’aspetto e la consistenza del giocattolo. Per fare questa operazione bisognerà prima analizzare la tipologia del poliuretano, verificare l’idoneità del prodotto e individuare la modalità con cui applicarlo. I processi industriali e la tecnologia che hanno coinvolto la produzione dell’industrial design si sono velocemente modificati ed evoluti influenzando e trasformando notevolmente lo stesso «mestiere» del restauratore. Oggi infatti ci si deve interfacciare con l’industria e, talvolta, usufruire di strumentazioni o prodotti di alta tecnologia per eseguire specifiche operazioni di recupero. dal web: http://ilgiornaledellarchitettura.com/articoli/2010/11/105843.html
In ogni caso: "[...] il ciclo di vita del poliuretano, cioè il periodo di tempo per cui svolge la sua funzione, è decisamente lungo arrivando in alcuni settori a superare agevolmente i dieci anni. Questo vuol dire un consumo più attento delle materie prime, che come sappiamo sono una risorsa non illimitata, e la produzione di una quantità inferiore di materiale di scarto e rifiuti. Alla fine della sua vita utile il poliuretano può essere trattato in maniera opportuna per eliminare o quanto meno limitare al massimo l’impatto ambientale; le moderne tecnologie ci consentono di riciclarlo per impieghi diversi, di recuperare il contenuto energetico o come ultima alternativa disporre l’interramento in discariche controllate." dal web: http://www.aipef.it/
L'impiego di nuovi materiali richiede spesso una chiave di lettura non soltanto tecnica, ma anche culturale: negli anni del secondo dopoguerra del secolo scorso, il design italiano diede una significativa interpretazione delle materie plastiche, sino a quel momento ritenute materiali privi di storia e personalità. L'attenzione verso la multisensorialità di Munari, ad esempio, ha esaltato le caratteristiche espressive della gommapiuma, dimostrando che offerta tecnologica e progetto non sono necessariamente realtà separate, ma possono appartenere ad un'unica realtà operativa. Analizzare i rapporti che intercorrono tra progetto, sperimentazione e produzione significa considerare anche l'industria come depositaria della cultura del design.

Note
1 Bruno MUNARI, Verbale scritto, ediz. Il Melangolo, Genova, 1992, 1a ediz., pag. 86, riga 9
2 Giovanni Ponti, detto "Gio", architetto e designer italiano. Vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Gio_Ponti e  http://www.gioponti.org/it/

Fonti iconografiche
1. Lica STEINER e Mario CRESCI, (a cura di), Albe Steiner FOTO-GRAFIA Ricerca e progetto, ediz. Laterza, Bari, 1990, 1a ediz., pag. 150

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