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DESIGN 2013/14 n 1 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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DESIGN 2013/14 n 2 prof POLIDORI - Design and Evolution of Experimental Prototypes Suggested
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lunedì 24 febbraio 2014

*Pubblicità, arte e cultura popolare di massa


 B.Munari, 1964
La tecnologia […]negli anni Sessanta […] comincia ad essere considerata all'unanimità il simbolo del mondo moderno, perché permette di migliorare la qualità della vita e di abbreviare e di rendere meno faticoso il lavoro. È in questi anni che al modello industriale basato sull'uso delle macchine si affianca l'elettronica, che irrompe in modo massiccio nei paesi ad economia capitalistica determinando la nascita della società industriale avanzata. Da questo momento sarà la velocità elettrica, applicata ai congegni per l'automazione e ai calcolatori, a governare la produzione industriale, rendendo fluide operazioni un tempo parcellizzate e segmentate. Le novità tecnologiche, inoltre, contribuiscono al mutamento sostanziale di tutto il sistema sociale: grazie al grande sviluppo dell'informazione e della comunicazione di massa che divulgano i modelli, si verifica una circolazione senza precedenti non solo di oggetti ma anche di pensieri in grado di influenzare abitudini e stili di vita. […] È proprio grazie al buon livello estetico raggiunto dalla pubblicità che si diffonde, anche fra chi non è attento ai fatti dell'arte contemporanea, l'abitudine al confronto con le nuove forme d'espressione, rendendo più facile la penetrazione nel sociale dei contenuti della nuova cultura popolare di massa. […]
Nei manifesti di questi anni, gli orpelli del linguaggio, le didascalie informative e il troppo parlato del decennio precedente lasciano il posto all'impatto visivo del prodotto, che appare isolato, liberato dal contesto e ingigantito a dismisura […] I prodotti abbandonano il contesto di appartenenza, diventano immagini a se stanti che campeggiano nella loro nuova monumentalità di icone, spesso in forma di fotografia realista seppur ritoccata […] 
dal web:  http://www.storiaefuturo.com/it/numero_8/articoli/1_pubblicita-arte-italia~125.html

[…]I vecchi pubblicitari affermavano, e ancor oggi c’è chi è dello stesso parere, che un manifesto deve essere un pugno in un occhio.  E’ un modo di informare il passante, tutto intento a meditare sulla trasformazione formale e strutturale del bruco in farfalla, piuttosto violento e, come tutti sanno, alla violenza si cerca di opporre altrettanta violenza. […] Insomma il manifesto si deve nettamente staccare dagli altri manifesti, balzare fuori, colpire il passante e violentarlo.[…] Molti manifesti vogliono farsi sentire a tutti i costi anche se non hanno niente da dire di interessante e allora gridano con i colori, gridano con il formato e soprattutto gridano con la quantità. […] Le ricerche visive invece ci insegnano che basterebbe usare un certo colore insolito, una forma diversa, dare una informazione esatta e immediata per informare il passante, senza violentarlo, senza dover sprecare tanto denaro per l’effetto << quantità >>[…] Esiste uno schema di manifesto al quale spesso i grafici fanno riferimento, per l’efficacia visiva, ed è la bandiera giapponese: un disco rosso in campo bianco. 
foto 2 A.Testa, 1960
Perché questo schema così semplice ha molta efficacia visiva? Perché  il campo bianco isola e stacca il disco da tutto ciò che lo circonda, da qualunque tipo di manifesto e perché il disco è una figura dalla quale l’occhio non si stacca facilmente. Infatti l’occhio (lo sguardo) è abituato a fuggire dalle punte, come dalle punte della freccia, per esempio.  Un triangolo ha tre possibilità di fuga dello sguardo […] un cerchio non ha punte, angoli di fuga, e l’occhio è costretto a girare dentro al disco fino a staccarsene con uno strappo..[…] Un errore è invece il comporre un manifesto tagliando la superficie in parti diverse come colore e come interesse. Un manifesto così fatto si mimetizza con gli altri perché ogni parte nella quale è tagliato dalla composizione, si collega visivamente al manifesto vicino per cui, alle volte, succedono delle strane informazioni che oltre a confondere il pubblico, annullano l’efficacia del messaggio. […]
Bruno Munari, Arte come mestiere,  ed. Economica  Laterza, 1966 dal web: http://www.graficainlinea.com/
Contemporaneamente si comincia a coniugare l'ambito della comunicazione verbo-visiva nello slogan, nella frase o nella parola ad effetto in grado di entrare nel vocabolario quotidiano della gente […] In questo senso, importantissima sarà la vicenda di Carosello[…] Il 3 febbraio 1957, prima messa in onda di Carosello , non è soltanto la data che segna l'esordio della pubblicità in TV, ma è anche quella che sancisce la presa di potere del mezzo televisivo sugli altri media utilizzati dalla pubblicità fino ad allora […]

foto 3 A. Warhol, 1962
R. Lichtenstein, 1961
Anche l'arte subisce l'influenza dei media [...] In ambito americano Lichtenstein, Warhol, Rosenquist, Wesselmann, Indiana, sono coloro che compiono il passo decisivo verso un atteggiamento scevro da nostalgie legate alla sfera del privato, adottando un registro espressivo spersonalizzato, che punta all'immanenza dell'oggetto e alle sue qualità estetiche di piacevolezza, all'impatto visivo del prodotto nuovo fiammante, appena uscito dall'industria, o all'immagine fornitane da pubblicità e mass media […] Sono soprattutto gli artisti che lavorano sul versante iconico ad avere un contatto più diretto con il linguaggio espressivo e le tecniche adottate in pubblicità. Oltre agli espedienti tipici della cartellonistica del periodo, quali la decontestualizzazione, l'ingrandimento, l'isolamento di un dettaglio, gli artisti Pop nelle loro immagini estremamente astratte e semplificate simulano la perfezione tecnica della stampa o adottano direttamente le tecniche della fotolito-riproduzione, introducendo nel sistema dell'arte due concetti destinati ad avere molto peso negli anni a seguire: quello della serialità, che mette in crisi lo statuto di unicità dell'opera, e quello della spersonalizzazione dell'artista, che cessa di essere un artigiano, smette di sporcarsi le mani per devolvere alla produzione industriale e ai mezzi extra artistici la realizzazione del suo lavoro. Lo stesso Warhol ha più volte affermato di voler diventare una macchina, di voler assumere cioè su di sé le modalità produttive tipiche dell'industria, rimuovendo ogni traccia di emozionalità e di soggettività individuale […]

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