*** OK non tocchiamolo più. cp
"All’inizio degli anni ’50, cominciarono ad arrivare in Italia una moltitudine di polimeri parzialmente o del tutto sconosciuti: PVC, Melammina, Polietilene, Polistirene, Nylon, Terilene, Lycra. “Arrivavano sul mercato in continuazione plastiche nuove, chi le aveva prodotte per usi bellici cercava di venderle anche per altri impieghi. Ma venivano fornite solo le loro caratteristiche e null’altro, non c’erano esempi di oggetti realizzati cui rifarsi; si sapeva che gli inglesi producevano delle belle bacinelle con il Polietilene… Comprarle e applicarle era un rischio, una continua sfida capire che cosa ci si poteva fare. Bisognava provare, sperimentare…”."
(Anna Castelli Ferrieri, intervista rilasciata a Cecilia Cecchini,
febbraio 2006, da: Cecilia CECCHINI, Splendori e miserie delle plastiche nel paesaggio domestico, 1950 – 1973, in Cecilia Cecchini, a cura di, mò...moplen, il design delle plastiche negli anni del boom, Designpress, Roma, 2006, pag 14.)"All’inizio degli anni ’50, cominciarono ad arrivare in Italia una moltitudine di polimeri parzialmente o del tutto sconosciuti: PVC, Melammina, Polietilene, Polistirene, Nylon, Terilene, Lycra. “Arrivavano sul mercato in continuazione plastiche nuove, chi le aveva prodotte per usi bellici cercava di venderle anche per altri impieghi. Ma venivano fornite solo le loro caratteristiche e null’altro, non c’erano esempi di oggetti realizzati cui rifarsi; si sapeva che gli inglesi producevano delle belle bacinelle con il Polietilene… Comprarle e applicarle era un rischio, una continua sfida capire che cosa ci si poteva fare. Bisognava provare, sperimentare…”."
"Le
plastiche arrivavano in un Paese semidistrutto, con alle spalle un
ventennio da dimenticare, ma anche,
anzi proprio per questo, un Paese in grande fermento, con un clima
culturale caratterizzato dalla
determinazione e dall’urgenza degli intellettuali di confrontarsi,
di uscire dal letargo culturale del
fascismo, di ricostruire materialmente e moralmente un mondo nuovo,
diverso, migliore.
Per
i progettisti del nascente disegno industriale si trattava di
rispondere ad una domanda di modernità
fino ad allora inevasa, in un mercato produttivo e in un circuito
distributivo che doveva per
buona parte essere reinventato.
Si
trattava di costruire un linguaggio per l’industria, partendo dal
vasto e prezioso bagaglio della cultura
artistica e artigianale presente in Italia. Un linguaggio in grado di
incidere sulla realtà del Paese
in un campo – quello degli artefatti – più libero e immediato di
quello dell’architettura e dell’urbanistica.
Un linguaggio che poteva essere veicolato e riprodotto a buon mercato
proprio sfruttando
le potenzialità della nascente industria.
In
questo quadro l’impiego dei polimeri – materiali nuovi, economici
e versatili – fu la lungimirante risposta
di alcuni giovani imprenditori, come Giulio Castelli, laureato in
ingegneria chimica con Giulio Natta, che fondò la Kartell nel 1948 con la volontà di produrre
oggetti di uso quotidiano puntando
sulla qualità, sulla quantità e sul basso prezzo. E di aziende già
esistenti, come quella fondata
da Enrico Guzzini nel 1912 che passò dalla produzione manuale di
tabacchiere in pregiato corno,
a quella di oggetti in plastica, realizzando, già nel 1938, le prime
posate da insalata in Plexiglas,
materiale usato fino ad allora solo nell’industria bellica. O la
Mazzucchelli di Castiglione Olona,
fondata da Santino nel 1849 per la produzione di bottoni e pettini
ricavati dalle corna di bue, che
divenne un punto di riferimento internazionale per la lavorazione
della Celluloide, del Rhodoid e,
poi, di tanti altri materiali plastici.
O, ancora, la Ditta Pirelli
fondata nel 1872 per la produzione di ”articoli
in gomma”, che oltre ai pneumatici iniziò a produrre borse per
l’acqua calda, suole per le scarpe,
impermeabili, flaconi e un gran numero di semilavorati dalle
prestazioni elastiche, come il Nastrocord,
subito sfruttato da Marco Zanuso, insieme alla Gommapiuma, per la
realizzazione delle poltrone
Lady
e
Martingala prodotte
dalla Arflex."
Cecilia
CECCHINI, op. cit. pag 15-16.
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Fiera Campionaria di Milano, Ingresso della Mostra Internazionale Estetica Materie Plastiche, 1956 da: http://archiviostorico.fondazionefieramilano.com/la-nostra-storia/1951-60.html |
"Nel
1956 alla Fiera di Milano - promossa dalle riviste StileIndustria e Materie
Plastiche, voluta da Alberto Rosselli
con la consulenza di Gio Ponti – si svolse la “I Mostra
Internazionale dell’Estetica delle Materie Plastiche”, dove
furono esposti 160 oggetti prodotti in Italia, in altri paesi europei
e negli Stati Uniti."
Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.19
"Erano oggetti di varia natura, accomunati dal fatto di avere un disegno contraddistinto dall’uso appropriato del materiale.
In quella occasione apparvero evidenti le grandi potenzialità tecniche ed espressive delle plastiche, la possibilità di realizzare attraverso un buon design una loro immagine originale. E sembravano ancora più incongrue le produzioni imitative che ancora sopravvivevano."
Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.19
Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.19
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Alberto Rosselli, Stile Industria, n.7 del Giugno 1956 da: http://www.modernism101.com/rosselli_stile_industria_07.php |
"Erano oggetti di varia natura, accomunati dal fatto di avere un disegno contraddistinto dall’uso appropriato del materiale.
In quella occasione apparvero evidenti le grandi potenzialità tecniche ed espressive delle plastiche, la possibilità di realizzare attraverso un buon design una loro immagine originale. E sembravano ancora più incongrue le produzioni imitative che ancora sopravvivevano."
Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.19
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Fiera Campionaria di Milano, Sala Moplen (in occasione della prima presentazione al mondo), 1957 da: http://archiviostorico.fondazionefieramilano.com/la-nostra-storia/1951-60.html |
La
suggestione, il calore, la scabrosità e la sonorità dei materiali
naturali furono in pochi anni rimpiazzati
dalle impensabili forme delle plastiche, colorate, lisce, leggere,
silenziose. Ed economiche,
dunque accessibili, al contrario di molti prodotti dell’artigianato
riservati ai ceti più abbienti.
Le plastiche assecondavano una democratizzazione dei consumi che
esplose attorno al 1958,
indicato come l’anno dell’inizio del boom economico."
Cecilia
CECCHINI, op.cit., pag.19
Certo la plastica non era vista con
simpatia da tutti, infatti negli anni cinquanta, il semiologo
francesce Roland Barthes disse:
"Più che una sostanza, la plastica, è
l'idea stessa della sua infinita trasformazione; è come indica il
suo nome volgare, l'ubiquità resa visibile (…). Nell'ordine
poetico delle grandi sostanze è un materiale sgraziato, sperduto tra
l'effusione della gomma e la piatta durezza del metallo: esse non
arriva a nessun vero prodotto dell'ordine minerale, schiuma, fibre,
strati. È una sostanza andata a male: a qualunque stato la si
riduca, la plastica, conserva un'apparenza fioccosa, qualcosa di
torbido, di cremoso e di congelato, una incapacità di raggiungere la
levigatezza trionfante della natura. E più di tutto la tradisce il
suono che ne esce, vuoto e sempre piatto; il suo rumore la disfa,
come anche i colori, perché sembra poterne fissare solo i punti
chimici: del giallo, del rosso, del verde, prende solo lo stato
aggressivo, servendosi di essi come di un nome, capace di mostrare
soltanto dei concetti di colore."
citazione in Paolo PORTOGHESI e Giovanna
MASSOBRIO, Album degli anni Cinquanta, Laterza Editore, Roma, 1977,
pag.332.
C. & R. Eames, Arredi (Soft Pad, tavolo riunione, tavolino, modern chair),
Miller e Vitra, anni 50 e 60 |
Vasca in Moplen
|
quotidianità nella casa, ma cominciò ad essere impiegato in modo massiccio anche in agricoltura, nel settore elettromedicale, nell’industria.(Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.20) La produzione principiò alla fine degli anni '50, ma è negli anni '60 che questo nuovo materiale provocherà una vera e propria rivoluzione e che darà loro il nome di: “anni di plastica”.
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Passapomodoro in Moplen |
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Tritacarne in Moplen |
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Imbuto in Moplen |
Scolapasta in Moplen
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Insalatiera in Moplen |
Contenitore Alimenti Liquidi in Moplen
|
"Tra
kitsch
imitativo, improbabili pezzi
frutto
della libertà progettuale consentita dalle plastiche, originali
di famosi designer, copie prodotte in migliaia di pezzi e mirabili
esempi di design anonimo,
il paesaggio domestico
intraprese in quegli anni una trasformazione senza ritorno, cui le plastiche
contribuirono in maniera significativa."
Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.20
"Anche il più piccolo laboratorio di falegnameria imparò in brevissimo tempo a costruire banconi da bar... che sembravano disegnati da Gio Ponti; la più piccola officina elettrica imparò subito a fare lumi che sembravano di Viganò; il tappezziere si sbizzarrì su modelli di poltrone che potevano simulare Zanuso. Questa sorta di saccheggio indiscriminato e dissacrante permise un rinnovamento formale di tutta la fascia media della società italiana: fu uno stile che sostituì definitivamente gli orpelli fascisti, l’Ottocento provinciale, che permise di configurare in maniera provvisoria ma completa una prima ipotesi di Italia moderna”
Andrea Branzi, citazione in, Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.17
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Lella e Massimo Vignelli, Saratoga, Poltronova, 1964 da: http://www.centrostudipoltronova.it/it/saratoga/ |
Simona
SCOPELLITI, Il
design degli anni Sessanta e Settanta : un nuovo modo di intendere
l'utenza, tra progetti di utopia radicale e impegno sociale , pag.
12
-http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/1711/825991-126302.pdf?sequence=2
Questa
rivoluzione non fu soltanto stilistico-pratica, ma divenne una vera e
propria rivoluzione sociale.
Sostituendosi all'acciaio, al vetro, al legno, alla bachelite, il Moplen rivoluzionò la vita degli italiani, di ogni ceto, dando colore e leggerezza a quegli strumenti che sino ad allora erano stati freddi ed anonimi compagni di lavoro delle casalinghe.
L'Italia divenne l'avanguardia in una nuova tecnologia, che era alimentata dal boom economico e che lo alimentò a sua volta, creando nuovi posti di lavoro e benessere economico.
“Per
chi sono i materiali nuovi? Per chi sono i prodotti del
disegno industriale? I nuovi materiali sono stati lungamente guardati
con sospetto, quando il pubblico disorientato si è chiesto: ma la
plastica, cos’è? È ricca o povera, da salotto o da cucina? È per
me, per noi, per loro o per tutti? Questo per tutti indubbiamente, ha
spaventato. Coloro che non sapevano riconoscere un valore che ne
catalogasse i requisiti rappresentativi, sono rimasti perplessi.
Certo
è sempre difficile verificare l’importanza e la validità di
concetti e di estetiche nuove soprattutto in casi come questo, quando
il mercato ha cominciato per la prima volta ad offrire, senza alcuna
discriminazione preconcetta, oggetti che avevano chiaramente una
destinazione comune. Intendendo
per comune, non quanto è ovvio e banale ma quanto è pensato e
proposto ad un pubblico al quale si chiede un solo tipo
di preparazione nell’accostarsi all’oggetto: di saperlo assimilare
come espressione totale della propria civiltà. La plastica è
materiale non per ricchi o per poveri,
non per la massa o per l’elite. Ha delle precise caratteristiche
tecniche che la rendono possibile
per fornire oggetti che attraverso il suo impiego acquistano forme
tali da determinare una nuova
estetica”
GRAMIGNA Giuliana, Plastica
per la massa o per l’elite?, in
“Ottagono”, n. 13, 1969

ancora
di stampo contadino alla “società del benessere”. Nel bene e nel
male esse assecondavano la corrente
dell’evoluzione dei mutati e nuovi consumi, talvolta anticipandoli.
Un processo che toccò il
suo massimo negli anni ’60, di cui le plastiche furono le
scintillanti e colorate icone.
Per
comprendere appieno questo processo, l’impiego dei polimeri deve
essere inquadrato nell’ambito
delle più generali modificazioni che il design – neonata
disciplina dalle funzioni ancora nebulose
- operò negli anni ’50 sull’intero universo materico. Fu una
rivisitazione che coinvolse anche
i materiali più tradizionali - dai vimini alle ceramiche –
inventando insospettabili valenze espressive."
Cecilia
CECCHINI,
op.cit.
"Le materie plastiche hanno assunto
molte valenze nel corso degli anni. In alcune nazioni europee e
americane le proprietà delle materie plastiche (come ad esempio
l'economicità, la leggerezza, le infinite possibilità cromatiche)
caratterizzavano soprattutto prodotti “poveri” e destinati ad
un'utenza che non poteva permettersi di utilizzare i materiali
naturali o quelli artificiali già nobilitati da decenni.
L'intervento progettuale del designer, ha permesso in Italia di
trasformare questi “difetti” in pregi e in qualità. La cultura
italiana del progetto ha infatti saputo fornire alle materie
plastiche un'ottima autonomia e un'identità propria che le ha
sottratte al ruolo di imitazione di materiali “nobili” (come ad
esempio l'avorio). Ha inoltre dato un “valore aggiunto” grazie al
loro uso in oggetti non legati agli “stili” classici della
tradizione.”
Nicoletta e Massimo SALA, Le geometrie del design, FrancoAngeli editore, Milano, 2005, pag. 148
Nicoletta e Massimo SALA, Le geometrie del design, FrancoAngeli editore, Milano, 2005, pag. 148
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Giancarlo Mattioli, Nesso, Artemide 1967 da: http://www.archiproducts.com/it/prodotti/94856/modern-classic-lampada-da-tavolo-in-abs-nesso-artemide.html |
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Gae Aulenti, Re Sole, Kartell, 1967 da http://www.eyeondesign.it/lampada-king-sun-di-gae-aulenti-per-kartell/ |
Nicoletta
e Massimo SALA, op.cit, pagg. 148,149.
"Nel
corso degli anni ‘60 i polimeri furono i materiali d’elezione
nell’assecondare le istanze del vivere
“giovane”, informale, nomade. Tra ideali rivoluzionari, seduzioni
consumistiche e nuovi miti,
il potere comunicativo delle plastiche la fece da padrone: dai
morbidi Poliuretani, al trasparente
Acrilico, al lucido ABS. Mentre arrivavano anche in Italia da oltre
oceano le suggestioni dell’era
spaziale veicolate da film cult
come Barbarella
(1967) – Jean Fonda vestita da Paco Rabanne
in una bolla fatta di plastica - e 2001
Odissea nello spazio (1968) con gli
interni futuribili della stazione spaziale"
Cecilia CECCHINI, op.cit., pag.21
"Se negli anni ’50 l’impiego pionieristico dei polimeri era stato caratterizzato da una forte
"Se negli anni ’50 l’impiego pionieristico dei polimeri era stato caratterizzato da una forte
sperimentazione
tecnico-produttiva - necessaria per controllare appieno le
prestazioni che i vari tipi di
plastiche potevano fornire - negli anni ’60 si accentuò una
sperimentazione linguistico-formale, realizzata
grazie ad un loro impiego spregiudicato.
La
causa razionalista del “buon design” era superata dal potere
seduttivo dei nuovi oggetti resi possibili
dall’uso creativo di questi materiali: dalla poltrona gonfiabile
Blow
di De Pas, D’Urbino e Lomazzi
(mirabile incrocio tra un canotto e l’omino Michelin),alla poltrona Sacco di Gatti, Paolini e Teodoro (quella sulla quale il terrorizzato Fantozzi non riusciva a stare seduto davanti al suo capoufficio).
De Pas, Lomazzi e D'Urbino, Blow, Zanotta, 1967
|
Gatti, Paolini e Teodoro, Sacco, Zanotta, 1969
|
Manifesti
di un nuovo modo di sedersi, di abitare, di vivere, resi possibili
dall’uso del PVC termosaldato per Blow
e di piccole sfere di Polistirene
preespanso per Sacco.
“Voglio
dirti una parola sola: Plastica!
L’avvenire del mondo è nella
plastica”.
Questo l’ammonimento
che un anziano amico di famiglia dava ad un giovanissimo Dustin
Hoffman nel film
Il Laureato (1967), che racchiude l’atteggiamento di quegli anni
verso le plastiche, in America come
in Italia...
... Erano
gli anni nei quali la sicurezza ambientale, lo smaltimento dei
rifiuti, la compatibilità, non occupavano
il centro del dibattito. Si approfittava di tutte le semplificazioni,
i miglioramenti, i risparmi
che le plastiche consentivano, senza porsi troppe domande."
Cecilia CECCHINI,
op.cit., pag.22
cfr.: One Word: Plastics (da YOUTUBE.COM scena da "The Graduate" di Mike Nichols, 1967), e Il futuro è nella plastica - Abatantuono ( da YOUTUBE.COM scena da "Nel continente nero" di Marco Risi, 1992).
“Troppo
sovente non si tenne conto del fatto che i pregi e i difetti d’un materiale
sono le due facce d’una stessa moneta, la quale va spesa con senso
dell’opportunità da afferrare,
ma anche con il senso del limite da rispettare. Chi eluse questi
semplici ma fondamentali criteri
contribuì in modo talora perverso, ed in misura non sempre decente,
a scambiare la sostituzione
con l’imitazione; e soprattutto a trasformare una possibilmente
lecita invasione di materiali
nuovi in una loro insopportabilmente illecita invadenza”
Augusto MORELLO “Design, tecnologie e polimeri” in Augusto Morello e Anna Castelli Ferrieri, Plastiche
e Design, Arcadia edizioni, Milano,
1984.
Gino Bramieri pubblicizza casalinghi in Moplen, 1967
|
Il giovane Gino Bramieri, già attore affermato e conosciuto al grande pubblico per la sua simpatia, magnificava, nei Carosello del ciclo "Quando la moglie non c'è", le caratteristiche e prestazioni di questo nuovo prodotto dell'industria italiana. "e mò, e mò, e mò, Moplén" introduzione del minifilm con cui si reclamizzava il prodotto, sarebbe diventato un vero e proprio tormentone e l'ammonimento "ma signora, badi ben, che sia fatto di Moplén!" dava indicazione sulla scelta attenta di quello che era un prodotto totalmente Made in Italy.
Fu scelto un attore "popolare" che trasmettesse simpatia, ma allo stesso tempo sicurezza e familiarità, inoltre, per la prima volta, si assisteva all'inversione dei ruoli della famiglia. L'uomo in casa a svolgere le faccende domestiche e la moglie fuori a lavorare... e quando la moglie non c'è "mi tocca fare tutto da me!". Anticipo di quella rivoluzione sociale che avrebbe cambiato gli schemi e stravolto gli stereotipi nella famiglia italiana.
Pubblicità di Moplen all'inizio degli anni '90
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Questo cocktail, sapientemente studiato e prodotto da General Film, con la sceneggiatura di Leo Chiosso e la regia di Mario Fattori ed Edo Cacciari, incuriosì gli italiani a recarsi nei mercati per scoprire questo Moplen. Chi non ha vissuto quegli anni può solo immaginare la meraviglia negli occhi di quel popolo che veniva da anni austeri e viveva in case sobrie, nel vedere tutti quegli oggetti colorati, leggeri, pratici, resistenti, invitanti, disposti sugli scaffali, e lì pronti per essere acquistati a prezzi accessibili.
Quell'avventuroso casalingo di Bramieri sarà successivamente sugli schermi con una serie di sketch del ciclo "Gli Italiani visti da Gino Bramieri", in cui interpreterà diverse caricature dell'italiano "tipo" alle prese col Moplen, fino al 1967, quando il miracolo economico inizierà il suo declino.
Alcuni Caroselli dal canale Archivio Nazionale CinemaimpresaTV su YOUTUBE.COM
Carosello "Quando la moglie non c'è!"
Carosello "Gli Italiani visti da Gino Bramieri"