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giovedì 16 gennaio 2014

"Dove c'è Barilla c'è casa" *


vorrei, parafrasando il titolo, dire "urka! "dove c'è cibo c'è design da paura" visto quanto i miei allievi si scatenino sul soggetto.
Francesca, che dire: fantastico e divertente post che corre in bibliografia sull'argomento. cp
Un grande esempio di comunicazione pubblicitaria è certamente quello che da anni dà l’azienda Barilla, che ogni giorno rievoca le tradizioni gastronomiche italiane con uno slogan ormai storico: “Dove c’è Barilla c’è casa”.
Slogan in vigore da un trentennio ma che si è sedimentato nelle menti degli italiani. Una di quelle cose che funzionano, piacciano o meno: perché corrispondono a un immaginario, perché raccontano qualcosa, perché raggiungono il punto giusto sul fondo della memoria collettiva e là mettono radici.
“Barilla è un’azienda multinazionale italiana fondata nel 1877 a Parma, in strada Vittorio Emanuele, come bottega che produceva pane e pasta da Pietro Barilla, discendente di una famiglia di panettieri”.
La ditta nel corso degli anni si è ingrandita, diventando la più grande azienda del settore alimentare, leader mondiale della pasta secca, dei sughi pronti in Europa, dei prodotti da forno in Italia e dei pani croccanti nei paesi scandinavi.
Lo slogan utilizzato dalla casa produttrice è molto diverso all'estero: negli Stati Uniti d'America la Barilla è conosciuta come "The choice of Italy" (trad. La scelta dell'Italia), mentre in francese ne viene utilizzato uno
simile, "Les pâtes préférées des Italiens" (trad. La pasta preferita degli italiani). In russo è semplicemente tradotto dall'italiano: "Там где есть Барилла там дом" cioè "Dove c'è Barilla, c'è casa".
Dal Web: http://it.wikipedia.org/wiki/Barilla
La Barilla riesce, attraverso diverse forme comunicative, ad esprimere gli stessi concetti. L’ingrediente fondamentale degli spot sono la semplicità, un sottofondo di poesia, che colpiscono sempre gli aspetti emozionali.

La storia siamo noi: 

Pietro Barilla - La pubblicità dei buoni sentimenti: 

http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/pietro-barilla/695/default.aspx

Dietro questa semplicità c’è sempre un grande studio: le scene ad effetto, le immagini… Il Visual è come se si trasformasse in testo e narrasse la storia della cucina italiana che sa stupire anche con piatti di veloce preparazione, e che riesce anche ad avere una qualità che nessuna cucina del mondo ha: quella lentezza, quella ritualità che fa sentire sempre tutti “a casa”.
Perché no? Potremmo definire gli spot della Barilla come mezzi di comunicazione che rientrano a pieno nell’ambito del Food Design, in quanto studiati, progettati, e il cui messaggio giunge sempre a destinazione.
“Il Food design, traducibile come "progettazione del cibo" (o Progettazione degli Atti Alimentari) è la disciplina del design industriale che si occupa dell'ideazione e progettazione di alimenti, o parti di prodotti alimentari complessi… Alla disciplina prettamente progettuale negli anni si sono affiancati anche altri sistemi di presentazione del prodotto come il marketing e la comunicazione pubblicitaria, anche l'imballaggio ha assunto un ruolo determinante nella presentazione del prodotto progettuale.
Come un prodotto può  essere lo specchio di una rivoluzione sociale:  Mina e gli spot del 1965-67
 Spot della Barilla del 1967http://27esimaora.corriere.it/articolo/quando-la-pubblicita-barilla-con-mina-raccontava-altre-storie/
Gli anni ’60 per la Barilla iniziano con dei rinnovamenti: oltre l’ingrandimento dell’azienda e l’assunzione di nuovi dipendenti, siamo del periodo in cui si comprende che gli spot pubblicitari sono un ottimo mezzo di comunicazione e si inizia a ritenere importante lo sviluppo d’immagine.
Nel 1965 l’azienda attuò una buona politica di comunicazione: infatti, nei suoi Caroselli inserì la figura di Mina, che ebbe un grande successo sia personale, sia per la diffusione commerciale della Pasta Barilla
C’è stato un tempo in cui l’azienda emiliana –sotto la guida illuminata di Pietro Barilla (1913-1993)- non solo ha incarnato un’idea di Italia in cui tutti potevano riconoscersi ma ha anche scelto consapevolmente di guardare in avanti, provando a immaginare e raccontare una società in via di modernizzazione in cui le donne non erano identificate soltanto come massaie ma stavano diventando sempre più protagoniste.
 Da allora sono passati quaranta o al massimo cinquant’anni. Ma sembrano secoli se proviamo a confrontare scelte di campo e modalità di narrazione.
Si tratta di uno spot del 1967 e nel messaggio promozionale è presente un’autentica rivoluzione linguistica e culturale: non solo Mina si rivolge alla spettatrice con il tu, ma la invita a preparare la pasta per il suo uomo e per i suoi ragazzi, non per suo marito e i suoi figli. E allora come oggi la mente corre da una parte al titolo di uno dei più grandi successi della cantante – È l’uomo per me (1964)- e dall’altra alle vicende personali che fecero dell’artista un simbolo di emancipazione femminile.
Mina, la più trasgressiva, moderna e sexy delle celebrità degli anni Sessanta, era stata ingaggiata come testimonial dall’azienda emiliana nel 1965: un anno di svolta per la sua carriera. La cantante venticinquenne era infatti appena rientrata in televisione dopo esserne stata bandita per più di un anno a causa della sua relazione irregolare con l’attore Corrado Pani, all’epoca già sposato.
Nel 1965 la popolarità di Mina era alle dunque alle stelle, eppure ingaggiarla come testimonial fu una scelta di marketing abbastanza azzardata.
Cosa c’entrava Mina con la pasta, la casalinga e la famiglia tradizionale italiana? Poco o nulla.
Mina rappresentava però un modello di donna moderna e indipendente. E sceglierla come testimonial dimostrò che la Barilla intendeva farsi interprete del cambiamento in atto nella società proprio in un momento storico in cui il paese reale era lontano anni luce dal paese legale". 
L’investimento nella comunicazione fatto negli anni ’60 lascerà tuttavia un’impronta durevole nel costume e nei consumi degli italiani. Uno spot di un semplicissimo prodotto come la pasta che partecipa ad una svolta decisiva nella situazione della donna.
Mina lavora con la società emiliana fino alla crisi economica che ha investito il paese negli anni ’70, ma gli spot girati hanno lasciato un’impronta tangibile negli usi e nei costumi degli italiani: alla fine della crisi troveremo una donna seduta a gustare la pasta e non a servirla, ma questa è un’altra storia. 

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